22/12/2014
Il «mini-rinvio» al 26 gennaio della scadenza per pagare l’Imu dei terreni che perdono l’esenzione è arrivata ieri in extremis, decisa da un Consiglio dei ministri che sul tema ha visto salire la temperatura fino al rischio di far scoppiare un caso politico. Evitata la scadenza di martedì prossimo, che continuerà invece a coinvolgere il saldo dell’Imu versata a giugno dai terreni già imponibili secondo le vecchie regole, si tratta ora di rivedere i parametri per distinguere esenti e paganti: obiettivo non semplice, perché il 26 gennaio è vicino e i 350 milioni che l’Imu dei nuovi terreni è chiamata a produrre sono già stati spesi nel 2014. La proroga arriva in un decreto legge che disinnesca anche la clausola di salvaguardia che avrebbe fatto aumentare le accise in caso di gettito inferiore alle previsioni nell’Iva prodotta dai pagamenti della Pubblica amministrazione: lo stesso provvedimento mette sul piatto 64,1 milioni di euro per il pagamento delle supplenze brevi nella scuola (fenomeno che ora viene messo sotto monitoraggio), e 56 milioni aggiuntivi per il Fondo per le emergenze nazionali.
Nel comunicato diffuso ieri, il Governo spiega in realtà l’adozione del decreto con l’esigenza di «evitare che i contribuenti siano tenuti a versare l’imposta sulla base di aliquote troppo elevate», ma specifica che «è comunque salvaguardata l’applicazione di aliquote deliberate con specifico riferimento ai terreni agricoli». Questo significa che a gennaio si dovrebbe pagare con il parametro standard del 7,6 per mille, a meno che il Comune abbia già deliberato nel 2014 un’aliquota diversa (cosa possibile solo in 652 Comuni etichettati dall’Istat come «parzialmente montani», nei quali l’esenzione era limitata alle zone più alte del territorio comunale). Nel cantiere del provvedimento, infine, era entrata anche una “sanatoria ex post” per le delibere Tari e Tasi approvate in ritardo dai Comuni, ma non se ne fa cenno nel comunicato ufficiale di Palazzo Chigi.