Prelievi sui conti correnti, il Fisco chiude liti e controlli
17/11/2014
I prelievi dal conto bancario da parte di professionisti e autonomi senza giustificazione non possono essere considerati automaticamente compensi in nero. E gli uffici territoriali dell’Agenzia delle Entrate hanno iniziato ad adeguarsi alla sentenza della Corte Costituzionale n. 228 depositata il 6 ottobre 2014.
In particolare la questione di incostituzionalità era stata sollevata dall’ordinanza 27/29/2013 della CTR Lazio che aveva sottolineato l’irrazionalità della presunzione a favore del Fisco che trasformava i prelievi bancari senza indicazione del beneficiario in compensi non dichiarati. Ad avviso della Consulta, «anche se le figure dell’imprenditore e del lavoratore autonomo sono per molti versi affini nel diritto interno come nel diritto comunitario, esistono specificità di quest’ultima categoria che inducono a ritenere arbitraria l’omogeneità di trattamento prevista dalla disposizione censurata, alla cui stregua anche per essa il prelevamento dal conto bancario corrisponderebbe ad un costo a sua volta produttivo di un ricavo. Secondo tale doppia correlazione, in assenza di giustificazione deve ritenersi che la somma prelevata sia stata utilizzata per l’acquisizione, non contabilizzata o non fatturata, di fattori produttivi e che tali fattori abbiano prodotto beni o servizi venduti a loro volta senza essere contabilizzati o fatturati».
Il fondamento economico-contabile di tale meccanismo era stato già ritenuto dalla sentenza 225/2005 della Corte Costituzionale «congruente con il fisiologico andamento dell’attività imprenditoriale, il quale è caratterizzato dalla necessità di continui investimenti in beni e servizi in vista di futuri ricavi». La sentenza n. 228/2014 della Consulta precisa che «l’attività svolta dai lavoratori autonomi, al contrario, si caratterizza per la preminenza dell’apporto del lavoro proprio e la marginalità dell’apparato organizzativo: tale marginalità assume poi differenti gradazioni a seconda della tipologia di lavoratori autonomi, sino a divenire quasi assenza nei casi in cui è più accentuata la natura intellettuale dell’attività svolta, come per le professioni liberali».
La non ragionevolezza della presunzione che trasforma automaticamente in nero i prelievi ingiustificati da autonomi e professionisti «è avvalorata dal fatto che gli eventuali prelevamenti (che peraltro dovrebbero essere anomali rispetto al tenore di vita secondo gli indirizzi dell’Agenzia delle Entrate) vengono ad inserirsi in un sistema di contabilità semplificata di cui generalmente e legittimamente si avvale la categoria; assetto contabile da cui deriva la fisiologica promiscuità delle entrate e delle spese professionali e personali».
Del resto, rimarca la Consulta, «l’esigenza di combattere un’evasione fiscale ritenuta rilevante nel settore trova una risposta nella recente produzione normativa sulla tracciabilità dei movimenti finanziari». La Consulta cita «l’obbligo – sia pure sprovvisto di sanzioni – di accettare pagamenti, di importo superiore a trenta euro, effettuati con carte di debito in favore di imprese e professionisti per l’acquisto di prodotti o per la prestazione di servizi». La tracciabilità del danaro, oltre ad essere uno strumento di lotta al riciclaggio di capitali di provenienza illecita, persegue il dichiarato fine di contrastare l’evasione o l’elusione fiscale attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti che si possono prestare ad operazioni in nero. Ecco perché «la presunzione è lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva, essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di un reddito».